19.12.2017 • Sono già circa sei anni che si parla di Industria 4.0: a che punto è oggi? Quali sfide ci aspettano ancora? Hans Krattenmacher, Responsabile Sviluppo per il settore elettronico presso la SEW-Eurodrive di Bruchsal, prende posizione a riguardo.

Dott. Krattenmacher, qual è la sua definizione di Industria 4.0?

A mio parere l'Industria 4.0 è un termine generico che comprende molte tendenze, alcune delle quali esistono già da tempo. Noi di SEW, ad esempio, ci siamo addentrati in questo campo già nel 2005, solo che allora aveva un nome diverso. Allora ci ponemmo la domanda: qual è l'intralogistica del futuro? Sullo sfondo c'era la consapevolezza che l'intralogistica funziona in modo simile da 30 anni. Sebbene la tecnologia, dal punto di vista dei componenti, sia cambiata più e più volte - ossia convertitori e controller più veloci, comunicazione bus o Ethernet anziché comunicazione binaria - il modo sostanziale con cui un oggetto viene movimentato è tuttavia rimasto invariato. A un certo punto, gli esperti di intralogistica hanno capito che, per essere in grado di rispondere al crescente bisogno di flessibilità nella produzione, anche l'intralogistica doveva essere strutturata in modo diverso. Questo significa, tra l'altro, allontanarsi dalla tecnologia della movimentazione rigida o stazionaria, finora conosciuta, e avvicinarsi a nuove soluzioni mobili e di auto-organizzazione. Un'altra tendenza è la crescente personalizzazione dei prodotti, in tutti gli aspetti della nostra vita. Un esempio: in passato, i frigoriferi erano "merce bianca" che usciva dalla catena di montaggio. Questo accade in gran parte ancora oggi, ma sappiamo di un grande produttore in Cina che nel frattempo produce frigoriferi configurabili in altezza, larghezza, colore e altro. Vi è quindi una diversità di prodotti significativamente più elevata, simile a quella che è già pratica comune nell'industria automobilistica. Sta diventando sempre più difficile per i produttori prevedere quale prodotto avrà effettivamente successo. Di conseguenza, essi devono essere in grado di reagire molto più rapidamente ai cambiamenti in fabbrica, cosa che alla fine porta a principi completamente diversi. In questo contesto, tanto allora quanto oggi, un'altra tendenza principale dell'Industria 4.0 è a mio avviso la modularizzazione delle fabbriche secondo il principio del Lego, un concetto che porta con sé con molte implicanzioni.

Infine, si aggiungono concetti come "Internet delle cose", "Big data" o "Cloud". La cosa interessante è che tutti portano a risultati simili in merito a come le soluzioni di automazione debbano essere strutturate per funzionare. Ovvero una rigida modularizzazione o una segmentazione dei sistemi, che a loro volta si auto-configurano e possono essere collegati in rete in modo più indipendente possibile dall'infrastruttura. In una frase: il percorso verso la connettività impone automaticamente una modularizzazione delle fabbriche.

In vari studi risulta sempre più evidente il fatto che soprattutto le aziende di medie dimensioni non sono sufficientemente preparate per l'Industria 4.0. Lei è d'accordo?

Temo di dover dire di sì. Se consideriamo l'industria meccanica e l'impiantistica, attualmente stanno avvenendo cambiamenti significativi a valore aggiunto. Ciò significa che il valore che il cliente finale percepisce, e per il quale è disposto a pagare, si allontanerà sempre di più in futuro dalla quantità di acciaio utilizzato e di hardware installato, andando sempre più verso la soluzione applicativa, che è spesso sinonimo di software.

Questa è certamente una svolta che tutti quanti dobbiamo innanzitutto affrontare. Nell'area consumer si è già avanti; basti pensare ad esempio a mercati come Airbnb e Uber: l'uno non possiede un solo hotel, l'altro non ha un solo taxi, né un autista, ma entrambi hanno un valore finanziario enorme, solo grazie alla loro piattaforma online. A voler ben guardare, perché mai non dovrebbe prospettarsi qualcosa di sostanzialmente simile anche per noi? Ovvero che a un certo punto non sarà più la nostra “sottostruttura”, vale a dire le macchine e gli impianti, il valore per cui si paga, ma piuttosto una piattaforma sovraordinata, che gestirà non solo la costruzione, ma anche il funzionamento, la reperibilità e, infine, la manutenzione di un intero centro logistico.

In tal senso, io dico: sebbene siamo selettivamente preparati in termini di industria e digitalizzazione, non ci stiamo ancora muovendo in questa direzione onnicomprensiva. E più piccola è un'azienda, meno i responsabili sono consapevoli di ciò che sta accadendo. In particolare, i più piccoli produttori di macchine e impianti dovrebbero urgentemente iniziare a pensarci: quale aspetto deve avere il mio modulo affinché possa integrarsi nella grande fabbrica intelligente o in modo che possa collegarsi a essa? In questo campo è chiaramente necessario aumentare il passo!

Come deve avvenire il passaggio, ora che in particolare l'industria meccanica di medie dimensioni è ancora fortemente condizionata dall'aspetto costruttivo e scarseggiano gli esperti di software, per non parlare di chi possiede il know-how IT specifico?

Corretto! A tale riguardo, i provider di tecnologie di automazione sono chiamati a presentare a queste aziende soluzioni con cui poter rispondere alla questione Industria 4.0, anche con risorse limitate. La crescente complessità degli ultimi anni non riguarda tra l'altro solo l'Industria 4.0. Laddove, ad esempio, per applicazioni sulla sicurezza erano sufficienti due semplici protezioni, all'improvviso la sicurezza funzionale ha dovuto essere implementata nel sistema di controllo integrato. Prima di questo, era già stato necessario superare la transizione dalla comunicazione binaria alla comunicazione bus, a cui si è poi aggiunta la comunicazione in rete. Tutto ciò ha portato molte funzioni comfort, ma la complessità non si è ridotta, anzi è ulteriormente aumentata.

In futuro parleremo di argomenti come la manutenzione predittiva, il monitoraggio delle condizioni o la gestione energetica. Quindi la complessità sta crescendo verso una dimensione che una piccola azienda meccanica, con forse un singolo programmatore PLC, non riesce più a dominare. In questo contesto, noi di SEW abbiamo iniziato già in passato con i prodotti del settore elettronico, rimuovendo ad esempio le funzioni dal PLC e integrandole nella nostra tecnologia di azionamento. Allo stesso modo, anche con riferimento alla Smart Factory, ci sentiamo in obbligo di dover ridurre il più possibile la complessità per gli utenti.

Dove vede, in questo contesto, i campi di azione più urgenti, non solo per ciò che riguarda SEW, ma anche i fornitori di componenti di automazione nel complesso?

Una sfida che tutti devono affrontare è la questione di come effettivamente costruire una rete della fabbrica modulare. Anche in questo caso voglio fare un confronto con il mondo dei consumatori: se oggi si acquista una stampante wireless, questa presenta già tutto ciò che le serve per inserirsi in una rete, ovvero sa come si chiama, lo comunica alla rete, se necessario scarica autonomamente i driver richiesti e, in genere, tutti gli utenti di tale rete vi possono accedere immediatamente. Il problema della sicurezza è quindi già parzialmente risolto. Nell'industria, siamo ancora molto lontani da una tale struttura in rete.

Se tuttavia, con l'Industria 4.0, si dissolverà la classica piramide dell'automazione in favore di una struttura di rete comune o cross-level - e di questo avremo sicuramente molto da parlare - sarà importante riorganizzare completamente aspetti quali la conservazione dei dati o gli accessi engineering. A tale riguardo esistono diversi approcci, ma ancora nessuna chiarezza.

Quali sono gli approcci più promettenti dal suo punto di vista?

In termini di connessione orizzontale, ovvero da un modulo di fabbrica all'altro, l’OPC UA potrebbe effettivamente affermarsi come standard. Meno chiara è la questione della connessione verticale dei prodotti. Per questo esistono molte proposte, come Ethernet TSN, tuttavia, è necessario distinguere chiaramente se si parla di TSN a livello di trasporto, normalmente il layer 2 nel modello OSI, o a livello di progettazione, che si svolge più o meno tra il layer 5 e il 7. Soprattutto di quest'ultimo si parlerà molto. Temo che in questo momento per alcuni produttori risulterà difficile liberarsi dalla tradizione e cambiare il proprio atteggiamento rispetto al passato. Deve poi essere chiaro a tutti che la standardizzazione è fondamentalmente desiderabile e corretta. Tuttavia, se alla fine ogni produttore deve fare la stessa cosa, gli utenti non otterranno più prodotti diversificati sul mercato, il che alla fine può significare più immobilità anziché progresso.

Se nemmeno dal lato provider è tutto chiaramente definito, ad esempio, in termini di connettività o interfacce software, in che modo gli utenti dovrebbero implementare l'Industria 4.0 nelle loro fabbriche?

Questo aspetto non potrà essere risolto semplicemente a tavolino. Nel corso dell'attuazione, si presentano così tante domande a cui è possibile rispondere solo se ci si prova e si impara in prima persona - proprio come ci è stato concesso di fare nelle nostre stesse fabbriche con l'appoggio da parte dell'amministrazione. E non c'è da illudersi. la prima volta non riesce sempre tutto, ma questo è del tutto normale quando ci si butta in qualcosa di completamente nuovo. Tuttavia, coloro che ciononostante osano, sono di solito un passo più avanti. Rimandare, nella speranza che ci sarà ancora molto tempo, non è certo una soluzione!

Soprattutto durante l'ultima fiera di Hannover, molti visitatori sono venuti da noi con questo quesito: chi può consigliarci su come strutturare una fabbrica in base al principio dell'Industria 4.0? Questo ha confermato il nostro impegno a rafforzare il nostro approccio verso la consulenza sull'Industria 4.0. Il nostro vantaggio: non mostriamo solo Power Point o White Paper, ma andiamo alla ricerca di soluzioni, insieme a chi cerca consiglio, nella nostra 'Showcase Factory dell’Industria 4.0' e lì mostriamo loro le nostre idee sulla fabbrica modulare nel suo funzionamento reale. Ciò non ha nulla a che fare, in questa fase, con la vendita di componenti o di software.

Parola chiave “componenti”: i produttori di soli componenti potrebbero cadere nel dimenticatoio se in futuro ruoterà tutto intorno al software?

Non cadranno nel dimenticatoio. Nell'industria, a differenza del mondo dei consumatori, per fortuna c'è ancora una netta differenza: in futuro le fabbriche continueranno a funzionare non solo per due, ma per 10, 15 o 20 anni. Affinché ciò sia possibile, la disponibilità a lungo termine dei componenti giocherà sempre un ruolo importante.

Se si riuscirà a combinare in modo intelligente sia il software sia l'hardware, i produttori potranno alla fine proteggere il proprio hardware tramite il software. Basti pensare, ad esempio, a questo grande produttore con la mela morsa, che lo fa in modo egregio. I suoi modelli aziendali sono principalmente basati sul software, ma abbinati al tempo stesso al proprio hardware.

Concretamente come si risolve la questione presso SEW?

E' chiaro che noi vorremo produrre e vendere motoriduttori anche in futuro. In questo senso ci troviamo di fronte alla sfida di sviluppare nuove soluzioni al fine di salvaguardare, da una parte, i modelli aziendali esistenti e dall'altra di identificarne anche di nuovi. La premessa di tutto questo è, in primo luogo, preparare il nostro portafoglio prodotti per la Smart Factory e qui stiamo quindi parlando della digitalizzazione dell'elettromeccanica.

Innanzitutto, abbiamo fatto questo passo con Movi-C, il nostro nuovo modulo di automazione. Ciò significa che per prima cosa abbiamo inserito un canale dati digitale tra convertitore e motore, da non confondere con l'interfaccia del trasduttore! Nel motore stesso si trova una memoria dati, un elemento che ci fa volare tutti quanti con la mente. Ovvero in questa memoria dati, ad esempio, è possibile memorizzare una targhetta elettronica, tramite cui il motore - e qui torniamo al paragone con la stampante - può essere messo in funzione in pochi secondi, in modo completamente automatico. Inoltre, questa memoria viene preparata con tutte le strutture di comunicazione IT e dati necessari, al fine rendere tutti i dati sulla qualità o l'impianto, memorizzati nel dispositivo, disponibili a tutti i partecipanti tramite la rete. Nei prossimi anni trasferiremo sistematicamente questo approccio al nostro intero portafoglio prodotti.

Questo 'canale digitale' tra il motore e il convertitore è un'interfaccia aperta o standardizzata?

Attualmente è ancora di proprietà, semplicemente perché per ora non esiste una soluzione standardizzata che soddisfi i nostri requisiti a riguardo. In altre parole, se vogliamo garantire per 20 anni e più che i dati possano essere letti e trasmessi sempre correttamente, lo stato attuale dell'arte è possibile solo con la soluzione che abbiamo sviluppato noi. Dal convertitore fino alla tecnologia di controllo punteremo però su interfacce standardizzate.

Per concludere, torniamo al punto di partenza: il cambiamento in particolare nell'intralogistica. Da un po' di tempo SEW lavora sui sistemi di assistenza mobile. Quando saranno disponibili sul mercato?

Al momento siamo nei passaggi finali dello sviluppo in serie della prossima generazione di veicoli. In primo luogo, equipaggeremo le nostre due nuove fabbriche, vale a dire quella di Graben e la fabbrica di elettronica qui a Bruchsal. Parallelamente ci sono già i primi progetti dei clienti. In breve: nel 2018 saremo sicuramente in grado di consegnare il prodotto e allo stesso tempo svilupperemo il nostro progetto di vendite. Anche in questo caso continueremo a imparare attraverso l'impegno effettivo sul campo, a ottimizzare con esso le soluzioni e a espanderci gradualmente secondo il principio modulare.

Autore: Günter Herkommer

sew-marketing@sew-eurodrive.it